La conquista democratica e le crescenti minacce nazionalistiche e autoritarie. Unirsi o soccombere
Liberamente tratto dall’intervista di Celletti a Romano Prodi: La tregua ci sarà. Ma la difesa UE serve: vogliono gli europei inesistenti e divisi. Avvenire, 18-3-2025
Trump sta cercando di indebolire la democrazia americana a cominciare dalla divisione dei poteri: vuole sottomettere al potere esecutivo, da lui riconquistato, gli altri due poteri pubblici, la magistratura e il potere legislativo. Fa leva sull’enorme forza raggiunta dal potere privato, anzitutto in campo economico e tecnologico-mediatico, giunto in certi casi persino a superare quello pubblico. Il disegno autoritario di Trump si rivela anche quando afferma: “io parlo solo con i leader monocratici”. La divisione del potere pubblico in tre poteri rigidamente separati è la prima condizione perché si possa parlare di democrazia, cioè di governo del popolo. Il cittadino conta di più ed è più protetto se, anziché un dittatore autoritario, ha di fronte un potere diviso per funzioni e diviso pure verticalmente tra poteri locali, nazionali, globali. Anzi, questi ultimi dovrebbero ricevere la massima priorità, vista la natura globale dei problemi che più ci minacciano. La divisione dei poteri è stata teorizzata dal Montesquieu già nel lontano ’700 ed ha avuto particolare applicazione proprio nella Costituzione americana, che prevede i contrappesi per evitare che un potere prevarichi sugli altri.
Divide et impera è il principio seguito pure – in negativo – da ogni dittatura in ogni tempo: si preferiscono sudditi divisi tra loro e non si tollera che qualcuno cresca fino a minacciare il primato del dittatore. Qui sta forse il maggior danno della dittatura: un freno alla coesione sociale e alla creatività che deriva dalla cooperazione. Anche nell’accordo tra Putin e Trump si può scorgere il timore che una Unione europea più unita possa rafforzarsi fino a compromettere il primato americano e russo (dietro quest’ultimo c’è la Cina, il “protagonista nascosto”). Infatti l’Europa, oltre che forte sul piano della cultura e della storia, è un gigante economico, detenendo come la Cina, il 17% del prodotto interno mondiale; ma le sue strutturali divisioni la rendono un nano politico. L’unica via è il superamento dei nazionalismi europei tradizionali, sia con l’abbandono dell’unanimità – che consentì a suo tempo l’introduzione della moneta unica – sia con il potenziamento delle politiche comuni, in parte già iniziato, specie nei campi economici, della salute e dell’istruzione.
Il riarmo – termine che verrà probabilmente modificato perché a molti ripugna, ma la sostanza non cambia – rischia di portare nuove divisioni perché molti ritengono che le armi, se esistono denotano sfiducia verso altri e prima o poi saranno usate: non servono per una vera pace ma solo per rinviare la guerra. In ogni caso il riarmo è un tema che non va trattato a sé, ma va inserito nel quadro generale delle politiche comuni di cui si è appena detto. In definitiva la ricetta di Prodi potrebbe essere: unirsi o soccombere. Ricetta valida anche per la sinistra in generale che sembra oggi avviata al declino: di fronte al pericolo maggiore – sia esso la guerra, l’autoritarismo o il disastro climatico – la sinistra è chiamata a trascurare dettagli, ideologie o principi secondari, ma restare finalmente unita per non essere annichilita da quel potere autoritario e perverso che minaccia l’umanità e il mondo intero. Grazie Prodi, che saggiamente ci indichi la via.