Importanza dell’etica e dell’impegno personale. Un’interpretazione alla luce della nonviolenza gandhiana

Liberamente tratto da: Antonino Drago  https://serenoregis.org/2025/08/18/la-fine-della-democrazia/

Una conquista democratica comporta che il popolo conti di più e che sia cosciente di contare di più. Queste condizioni sono necessarie perché il potere tende a diffondere la convinzione – più o meno inconscia – che non sia possibile modificare l’assetto della società, essendo questo “naturale”, divino o comunque stabilito altrove. Ogni conquista dell’umanità inoltre deve essere duratura, altrimenti si rischia che i vecchi zar siano sostituiti da nuovi zar e la situazione dei sudditi resti invariata. Sostanzialmente una conquista deve nascere dal basso, con la convinzione della gente di compiere un’azione positiva: se manca questa convinzione si ha l’allontanamento della gente dalla politica, a cominciare dalla partecipazione al voto. Oggi poi, col progresso informatico e l’intelligenza artificiale, l’attenzione va allargata sempre più a livello internazionale e la grande minaccia consiste nella capacità mediatica di alterare la verità e condizionare il voto: la democrazia diventa plutocrazia (governo dei ricchi).

Rivoluzione gandhiana. Una conquista duratura dell’umanità è stata certamente la liberazione dal colonialismo. Il suo avvento, a grandi linee, può essere così indicato: in India, il paese più popoloso tra quelli colonizzati (circa 1 decimo dell’umanità), portatore di una civiltà plurimillenaria, Gandhi teorizzò la liberazione dal colonialismo con metodi non violenti, in un piccolo libro (Hindi Swaraj 1909). Vi si criticava la civiltà occidentale in quanto separata dall’etica e quindi destinata alla decadenza. La rivolta nonviolenta doveva essere sostenuta dalla condivisione di un’etica e dei sacrifici del popolo (altro che populismo!). È nata così quella rivoluzione storica che, con trenta anni di lotta non violenta, ha portato l’India all’indipendenza. Questo esempio di liberazione dal basso senza violenza ha avuto ovviamente seguito anche in altri paesi colonizzati e si è diffuso nel mondo. In tal modo, dopo la seconda guerra mondiale il colonialismo politico è pressoché scomparso: una conquista duratura dovuta alla lotta nonviolenta.

Caduta del muro: se forse meno clamorosi del caso precedente, pure gli eventi del 1989 hanno comportato un rivolgimento radicale in un mondo che costruiva in misura esorbitante armi atomiche nella guerra fredda. Il preteso socialismo proletario dei paesi dell’est era ormai degenerato specie con forme dittatoriali. Soprattutto i popoli avevano maturato la possibilità di modificare l’assetto istituzionale, ancora ispirandosi alla lezione gandhiana sulla nonviolenza. Alla radice degli eventi del ’89 c’è dunque non la politica delle superpotenze armate fino ai denti, ma la politica dei popoli; che, combattendo in modo non violento nelle piazze, hanno raddrizzato il corso del XX secolo. C’è “l’impegno non violento di uomini che, mentre si sono sempre rifiutati di cedere al potere della forza, hanno saputo trovare di volta in volta forme efficaci per rendere testimonianza alla verità” (enciclica Centesimus annus del 1991, n. 23). Senza alcuna guerra, l’atlante politico del mondo è cambiato, ottenendo al contempo:

1) la fine delle dittature dell’Europa dell’Est, mistificate come volute dal proletariato;

2) il crollo di una delle due superpotenze (URSS); e quindi

3) la fine della “guerra fredda” che giustificava armi catastrofiche;

4) la fine della divisione tra i popoli del mondo, compiuta a Yalta da soli quattro uomini.

Quattro modelli di sviluppo, secondo Galtung, possono essere individuati nella storia recente: 1) Il modello Blu, sostanzialmente liberale, nato nei Paesi occidentali (USA, Gran Bretagna, Francia, ecc.), con le rivoluzioni del 1688 in Inghilterra, del 1787 nel Nord America, del 1789 in Francia. 2) Il modello Rosso, social-comunista, nato con la rivoluzione russa nel 1917 e poi quelle cinese, cubana, ecc. 3) Il modello Verde, gandhiano e ambientalista, nato con la liberazione dell’India e poi in Europa con le rivoluzioni non violente del 1989 che, assieme alle tante altre del XX secolo hanno sconvolto la politica mondiale. Infine 4) il modello Giallo, teocratico, che può essere individuato nella rivoluzione non violenta iraniana del 1979 e poi nelle “primavere arabe” del 2011. Quest’ultimo è certamente il modello meno attendibile in una società sempre più laica e consumista come l’attuale. Il modello rosso, oltre al crollo del 1989, è tuttora minacciato anche da interferenze mediatiche, mentre il primo, liberista, scivola nel consumismo fine a sé stesso, moltiplica gli squilibri, ignora il disastro ambientale incombente, erode la democrazia lasciando spazio a nuove forme autoritarie e plutocratiche alla Trump: fa acqua da tutte le parti.

L’unico modello perseguibile è quello verde gandhiano, che però necessita la diffusione di un forte senso etico, una maturazione anti-populistica dell’opinione pubblica, e la presenza di persone disposte a impegnarsi: richiede crescita umana, tempo e sacrificio.

AUTORE

Crescita Umana

DATA

4 Ottobre 2025

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