L’ecologia impone un radicale ripensamento del nostro modo di vivere e consumare.

Di tre grandi umiliazioni dell’umanità ha parlato un secolo fa Sigmund Freud: la prima è l’umiliazione “cosmologica” quando si comprese nel ’500 con Copernico che la Terra, lungi dall’essere al centro dell’universo – come si credeva – è una minuscola particella in uno spazio pressoché infinito. Una seconda umiliazione, che può essere chiamata “biologica”, deriva nel ‘800 dall’evoluzionismo di Darwin: ha negato all’uomo l’illusione – prima diffusa – di non appartenere al regno animale. Pur essendo riuscito, specie con la civiltà, a scavare un abisso con le altre specie viventi, l’uomo mantiene inestirpabile la sua natura animale. La terza umiliazione è quella “psicologica” rivelata dallo stesso Freud, che mette in discussione la piena razionalità degli esseri umani. Eravamo convinti di essere padroni assoluti della nostra psiche. La psicoanalisi ha invece mostrato che l’attività psichica non coincide o non si esaurisce in ciò che è cosciente. L’io si sente spesso a disagio, incontra limiti al suo potere dentro di sé, nella sua stessa dimora. Appaiono improvvisamente pensieri di cui non conosciamo l’origine, che rischiano di impadronirsi di noi e che non riusciamo facilmente a scacciare. La parte cosciente della mente umana è quella visibile di un iceberg; la parte più consistente è quella inconscia, la cui esistenza prima era pressoché ignorata. L’uomo, conclude Freud, non è padrone neppure di sé stesso. Quanto sia vera questa affermazione può essere verificato anche dall’incredibile consenso popolare goduto dalle grandi dittature del secolo scorso, nonché da quelle attuali, maggioritarie nel mondo: gli strumenti di convinzione superano paurosamente la nostra presunta ragionevolezza. Ovviamente tutte e tre queste grandi idee innovatrici – che distruggevano illusioni narcisistiche dell’umanità del tempo – trovarono forti e agguerrite opposizioni, specie tra i benpensanti, ma presto si sono affermate.

Le intuizioni di Freud sono passate attraverso un periodo travagliato, caratterizzato da crisi economiche e due disastrose guerre mondiali, che lasciavano poco spazio alle elucubrazioni mentali. Poi la vertiginosa ripresa post-bellica, agevolata da sagge politiche keynesiane, durò un buon trentennio, dando a molti l’impressione di poter crescere indefinitamente con sempre maggior benessere. Da più di mezzo secolo si sono levate voci di scienziati che indicavano l’insostenibilità dello sviluppo consumistico invalso, basato in buona parte su bisogni superflui creati ad arte. La terra è limitata, le risorse sono limitate, le possibilità di inquinare l’aria senza alterare il clima sono limitate. Quindi la produzione e il consumo non possono crescere illimitatamente. Bisognerà contenere, operando scelte oculate. Qui ancora si sono levate voci di agguerriti oppositori benpensanti, ma forse, più semplicemente, si è preferito ignorare le voci della scienza. La politica, i mass-media, l’opinione pubblica hanno continuato come se nulla fosse, come se la cosa non ci riguardasse; riguarderà forse quelli che verranno in un futuro lontano. Di fronte al surriscaldamento globale si minimizza: tanto noi abbiamo il condizionatore.

Ecosistemi in tilt. Molti esperti però affermano che le cose stanno precipitando: gli ecosistemi sono delicati e interconnessi, piccole modifiche da una parte possono comportare sconquassi da un’altra. L’alterazione del clima produce effetti inaspettati: interi territori soggetti a desertificazione o allagamenti provocano esodi massicci di popolazione, specie dalle zone calde popolate da masse impoverite; ma anche nelle zone temperate, come quella del nostro paese, non mancano fenomeni estremi e siccità, deleteria per le coltivazioni, l’energia idroelettrica, il turismo e altro ancora. I ghiacci nel mondo si sciolgono, alterando equilibri secolari e sollevando le acque marine. Si accusa il clima e la sua variabilità, si spera in un miglioramento, si cercano soluzioni transitorie o locali.

Umiliazione ecologica. Non si vuole riconoscere di trovarci di fronte a una quarta grande umiliazione dell’umanità: quella “ecologica”. Si sostanzia nella costatazione che non possiamo più vivere e consumare come vogliamo, che, in un contesto limitato, il superfluo di qualcuno toglie l’essenziale a qualcun altro. Ovvio segnalare l’enorme rilevanza di questa affermazione: intacca la nostra libertà, tanto esaltata nelle culture occidentali. Impone sacrifici reali e non solo mentali, come nel caso delle umiliazioni di Freud. Impone di ragionare sulla decrescita, parola che ancora oggi suona quasi come una bestemmia, anche tra gli esperti e molti economisti. Ma non tutti i mali vengono per nuocere, ad es. nel campo alimentare una decrescita sarebbe decisamente auspicabile per ridurre le nostre malattie (non per nulla chiamate “del benessere”). Inoltre sono da contenere soltanto i consumi materiali, che distruggono risorse e producono inquinamenti, mentre invece possono crescere indefinitamente i consumi immateriali (cultura, istruzione, sport, arte…) più consoni all’umanità. Un compito che ciascuno di noi può attuare, ma che sarebbe opportuno fosse perseguito esplicitamente anche dalla politica. Si tratta in sostanza di rivedere i nostri consumi, rendendoli meno legati agli interessi dell’economia ma più funzionali alla crescita umana. Crescita umana invece della crescita economica.

AUTORE

Crescita Umana

CATEGORIA

DATA

5 Aprile 2023

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