Una parola positiva spesso usata per legittimare la disuguaglianza.

“I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.” (Costituzione Italiana, art. 34, com. 3)

Meritocrazia:  questo termine, che affianca “crazia” (dal greco forza, potere) alla bella parola merito, implica un sistema di potere fondato su una gerarchia tra persone definita dal merito di ciascuna di esse; la conseguenza è che certe persone devono essere lasciate indietro, perché la cima non può esistere senza il fondo. Si pone subito anche la non facile definizione di che cosa sia il merito. Di solito viene inteso come una combinazione di talento (naturale) e sforzo personale, escludendo l’aspetto morale. Ma, anche per una corretta definizione, è bene distinguere a quali scopi si valuta il merito. Questi possono riguardare la selezione di chi deve coprire posti di prestigio, oppure la giustificazione delle disuguaglianze economiche e delle gerarchie sociali. Nel primo caso, della selezione, al merito si sovrappongono le competenze: si scelgono persone competenti e capaci, senza troppo preoccuparsi del merito con cui sono state acquisite queste capacità. Possiamo anche essere di fronte a prestazioni meritevoli compiute da individui non meritevoli. Parlando di merito, non va trascurata la sua valutazione sociale: si ha merito se si contribuisce a ciò cui la società dà valore (ad es. pace, lotta al surriscaldamento climatico, ecc.). Il che implica, fra l’altro, sia inserire nel merito un elemento che non dipende dai singoli, sia aprire la porta alla necessità di una riflessione collettiva su cosa ritenere degno di valore oggi.

Merito e disuguaglianze.  Se il modo in cui sono state acquisite le competenze non è rilevante per la selezione dei ‘migliori’ lo è, invece, per giustificare le disuguaglianze economiche e per riconoscere premi ai competenti. Distribuire salari, profitti e stipendi come simboli del riconoscimento di un talento superiore, sembra inappropriato e incoerente con le idee democratiche o liberali. Se alla base di qualsiasi giustificazione delle disuguaglianze deve esservi il merito individuale, appare largamente insufficiente e forse anche fuorviante il riferimento alle competenze riconosciute e al successo economico derivante. Per contro, “coloro che sono stati favoriti dalla natura, chiunque essi siano, possono trarre vantaggio dalla loro buona sorte solo a patto che migliorino la situazione di coloro che ne sono rimasti esclusi” (John Rawls).

Uguaglianza di opportunità.  La condizione minima per giustificare con il merito individuale il premio riconosciuto alle competenze, è di non aver goduto di migliori opportunità degli altri. Non a caso l’uguaglianza di opportunità è al cuore di qualsiasi declinazione di giustizia sociale. Tuttavia, definire in modo preciso una convincente uguaglianza di opportunità è compito non semplice, anche in astratto. Realizzarla, poi, è quasi impossibile. Dunque, riconoscere un premio a chi effettua una prestazione meritevole è cosa diversa dal riconoscere un premio a chi ha un merito. Il mercato, nel migliore dei casi, premia le prestazioni meritevoli e, punto essenziale per giustificare le disuguaglianze economiche, lo fa in un modo che non rispetta le disuguaglianze di valore delle prestazioni meritevoli. A meno di non credere che queste ultime derivino dalle disuguaglianze che decreta il mercato, e non viceversa. La complessità delle questioni collide violentemente con la faciloneria di tante difese meritocratiche della disuguaglianza di mercato.

Il mercato  solo casualmente potrebbe premiare il merito, perché non può andare oltre le competenze (sempre che non premi, invece, le rendite di posizione); il mercato non è in grado di far corrispondere la scala di merito delle prestazioni (oggetto quasi inconoscibile) alla scala delle retribuzioni economiche; infine ma è forse il punto cruciale – il mercato non considera prestazioni che non passano dalle sue parti, pur essendo espressione di merito individuale. Invece il principio che il sistema premia il talento e il duro lavoro incoraggia i vincitori a considerare il proprio successo quale frutto delle proprie azioni, una misura della propria virtù e a guardare dall’alto in basso chi è meno fortunato di loro.

L’arroganza meritocratica  riflette la tendenza dei vincitori a inebriarsi troppo del proprio successo, a dimenticare la fortuna e la buona sorte che li ha aiutati nel cammino. Il successo economico, quale che ne sia l’origine, rischia di diventare fattore di stratificazione sociale perché utilizzato come prova dei propri meriti. La questione non vale soltanto in campo economico. Argomenti di questo tipo sono stati utilizzati per ‘provare’ la propria superiore capacità anche nelle cose della politica e quindi, si potrebbe dire, nel buon funzionamento della democrazia. Ma a quali meriti si fa riferimento, visto che il successo può derivare anche da violazioni del merito individuale? Si può assegnare al mercato anche il compito di definire la stratificazione sociale? Se questa deve rispondere ai meriti individuali occorre guardare ben oltre il mercato. Agli sforzi, alle prestazioni meritevoli non riconosciute, alle virtù individuali.

Concludendo, il merito è un concetto troppo complesso per ‘metterlo in mano’ al mercato. E in mancanza di questa consapevolezza si rischia di essere fin troppo benevoli nei confronti del mercato. Una società migliora non soltanto se affida le prestazioni più importanti alle persone più competenti, ma anche se mette il più gran numero di persone in condizione di poter acquisire quelle competenze. Migliora pure se non si fida troppo delle disuguaglianze economiche decretate dal mercato (che possono essere ingiustificate) e se non asseconda o meglio non tollera la cultura che alimenta l’arroganza meritocratica, promuovendo così un’etica corrosiva fondata sulla competizione auto-interessata. Una società che migliora è, se vogliamo, una società in cui l’area e l’incidenza della immeritocrazia si restringe e questo vuol dire cose diverse quando si parla di selezione e quando si parla di disuguaglianza.

AUTORE

Crescita Umana

CATEGORIA

DATA

20 Luglio 2024

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